Le statue dell'Addolorata e del Cristo Morto sono opere del paternese Giacinto Gioco (1857-1928).
La processione di Cristo Morto e dell'Addolorata (che i paternesi chiamano "à nisciuta do Signuri Mortu") si apre con la "Veronica", ovvero una ragazza dai capelli lunghissimi con in mano uno stendardo (o un panno di lino) bianco nella quale è rappresentato il volto di Cristo. Poi ci sono dei giovani che portano gli oggetti del martirio di Gesù come: i chiodi, il martello, la scala, la croce, i flagelli e la corona di spine.
I fercoli sono molto grandi; i portatori dell'Addolorata sono trentaquattro, e durante la processione si alternano tra circa ottanta devoti, mentre quelli del Cristo Morto sono circa cinquanta, su oltre un centinaio di devoti che si danno il cambio.
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Trasporto di Cristo Morto in forma privata da S. Margherita alla Matrice |
Bisogna precisare che l'Addolorata viene lasciata per una settimana nella Chiesa di Santa Maria dell'Alto, al termine della processione del Venerdì di Passione, mentre il Cristo Morto viene lì trasportato privatamente dalla Chiesa di Santa Margherita, la mattina dello stesso Venerdì Santo.
I simulacri della Madonna e del Cristo, sono accompagnati dalle "Addoloratine" con vestiti neri per rappresentare il lutto, dai terziari francescani, dalle donne di carità e dalle autorità civili e militari.
Seguono la processione i rappresentanti delle confraternite, i "Cantati", che portano sul loro capo la corona di spine e al collo hanno una cordicella. Un tempo, questi "Cantati" indossavano un cappuccio con due fori per gli occhi ed erano denominati "ncappucciati" o "ncappucciateddi", o "ntuppateddi": un saio bianco li copriva dalla testa ai piedi.
Appena rientrata la processione nella chiesa di Santa Margherita, si tolgono dai loro fercoli le statue di Cristo Morto e dell'Addolorata e si procede all'allestimento di quello che popolarmente viene chiamato "U Cunsolu", che consiste nella esposizione dei due simulacri per tutta la giornata del Sabato Santo.
Anticamente scendevano dalla Matrice dodici canonici che indossavano "cappe magne", dei mantelli di seta lunghi dai sei agli otto metri, di colore porpora o viola, i cui bordi erano rivestiti di pelliccia di ermellino.
La prassi delle cappe magne è nata a Paternò nel 1600, sviluppandosi nella chiesa di Santa Margherita a opera della Congregazione di Maria SS. dei Sette Dolori, una consociazione di religiosi che fu istituita nel 1667 dal vescovo Michelangelo Bonadies. La diffusione delle cappe magne si deve anche a Giovan Battista Nicolosi che ebbe un privilegio pontificio e portò queste cappe magne a Paternò.
Nel '700, dopo aver costruito la scalinata, la sera si scendeva verso la città a lume di torcia; la processione era preceduta da un crocifero con due chierichietti ai lati, poi seguivano i preti, i monaci francescani, domenicani e benedettini.
Oggi la processione è molto diversa dal passato: i canonici, le cappe magne, i "Cantati" incappucciati non ci sono più; alla processione, si sono aggiunte altre Confraternite, le crocerossine, l'Unitalsi o altre associazioni cattoliche.
- Testo a cura del dott. Francesco Stanzione, tratto da uno scritto di Valeria Concetta Maria Ranno.
- Foto tratte dal sito "Corriere del Simeto".